Ola,
spero che abbiate tutti connessioni veloci, visto che oltre a mandarvi un'infinita sequenza di parole, il fatto che abbia con me un laptop m'ha dato pure la balorda idea di inviare delle foto a corredo del racconto.
24-30.11 El DeFe (Citta' del Messsico)
Il traffico di Citta' del Messico e' come ricordavo, insensato.
La cosa che piu' colpisce e' che e' un traffico ordinato, fatto di macchine
quasi tutte nuove, non come per esempio in Asia di calessi, tricicli e camion dei primi del secolo.
Semplicemente I "chilangos", come vengono chiamati in maniera dispregiativa gli abitanti
di Citta'del Messico, non potranno mai costruire strade abbastanza grandi per contenere tutte quelle auto.
Persino Paseo de la Reforma, o l'Avenida Chapultepec, che sembrano fiumi fatti d'asfalto, nelle ore di punta sono soltanto un incastro di veicoli che sembra impossibile possano muoversi di un centimetro.
Dovrebbe allargarsi lo spazio, il mondo dovrebbe scoprire un'altra dimensione
su cui guidare.
Solo la fantascienza potra' salvare Citta' del Messico da essere, in alcune sue parti, un continuo, inestinguibile ingorgo.
Oltre alle macchine, sono comunque tre le cose in esubero a Citta' del Messico:
poliziotti, camerieri e cani di piccola taglia, spesso a Polanco, il ricco quartiere dove dormo, portati a spasso dalla servitu'.
Il grattacielo della Policia Federal, in Paseo de la Reforma, ha l'intera facciata
decorata con l'immagine terrificante di un poliziotto in assetto antisommossa.
Torno al Museo Antropologico, straordinario come ricordavo.
Questa volta non ci vado per imparare ma per rubare immagini ai popoli precolombiani. E alla fine dei conti, e' dopo che sono stato in quelle sale strepitose, che comincio a disegnare.
Ma comunque sia, I Maya resteranno sempre artisti ineguagliabili e disegnatori molto migliori di me.
Stavolta che ho piu' tempo faccio un salto anche al museo d'arte contemporanea,
dove c'e' una splendida mostra di coreani tra cui Beon Kim,
coi suoi magnifici disegni animati e il geniale Libro delle Trasformazioni, dove insegna a trasformarsi in scala, albero, leopardo.
Bravo davvero.
Di tutti gli zoo che ho visto, quello di Citta' del Messico, con le sue pareti di vetro
sporcate dalle dita dei bambini e dall'umidita', e' certamente il piu' triste ed assurdo.
Ci vado comunque, piu' che per vedere i panda di cui si fa vanto (che non me ne voglia il WWF, sono degli orsi ottusi che passano la vita a masticare bambu'), perche' hanno due Xoloitzcuintle, i cani nudi precolombiani.
Anche loro come tutto il resto sono tristi e scuri, senza nemmeno il pelo da arricciare quando qualcuno gli lancia inutilmente qualcosa per chiamarli piu' vicino.
Sembra quasi che sappiano di essere svestiti, e si vergognino della loro nudita'.
Ma e' soltanto la gabbia, una prigione umana in cui essere nudi probabilmente non fa differenza.
Ne rivedo una cucciolata in mano a Diego Rivera, in una delle magnifiche foto in mostra al Museo Frida Kahlo.
Li' sembrano felici, accanto alla costruzione simile a un tempio in cui Rivera
ha messo il suo genio al servizio dell'architettura.
Nella Casa Azul, la casa dove Diego e Frida vissero insieme, ora trasformata in museo, oltre a magnifici quadri di Frida, I suoi colori e il suo cavalletto, c'e' la stanza degli ospiti in cui
dormi' per un certo periodo Trotzky.
Mentre a casa aspettavo l'autobus che mi portasse all'aeroporto (per andare a Berlino, una settimana prima del Messico), ho calamitato un matto che mi ha
chiesto una sigaretta.
"Tu sei Lenin, vero?" mi ha chiesto
Ho risposto:"Certamente".
"Sai, Rosa e Trotzky vivono solo qualche strada piu' in la'"
"Rosa Luxemburg?" gli ho chiesto.
"Certo, e Stalin, che e' mio fratello, sta proprio dietro il Parco, a casa mia".
Ho pensato che fosse un dialogo portafortuna.
Forse perche' quando me ne sto andando, qualunque cosa con un po' d'immaginazione diventa un talismano.
Mentre bevo una Negra Modelo, questa birra scura che sembra chiara e che alla terza trasforma tutto in spettacolo, seduto davanti a me c'e' un signore in completo grigio, pizzetto sale e pepe e cravatta da bancario.
Ha sul tavolo sei bottiglie di Corona.
Le apre una dopo l'altra, mentre mangia delle cose fritte che annega di salsa piccante.
Immagino che quella Stonehenge di birre voglia essere un chiaro segnale.
Al cameriere che cambia i portacenere in continuazione e trasforma la birra in schiuma
vogliono dire una sola cosa:"Non voglio vederti mai piu'".
Sto nella Zona Rosa, turistica e affollata all'eccesso, e densa di gay che sembrano
stati sparati da una mitragliatirce di cloni.
Comincio a pensare che al mondo ci sia un solo parrucchiere,
un solo negozio di vestiti, una sola maniera di ridere, di camminare e di tenersi per mano.
Se ha mai avuto fascino, la Zona Rosa mi sembra che l'abbia perduto.
L'Arena Coliseo si riempie rapidamente, mentre l'aria e' gia' piena delle grida ossessive dei venditori in divisa "Corona" - "reeefrescooos! - ceeervezaaas! - maaascaraaas! - tortaaaas!".
All'ingresso mi hanno requisito la macchina fotografica, per permettere immagino
al fotografo ufficiale, dal capello ossigenato e assurdamente vestito con una tuta della Roma, di vendere le foto alle riviste e al pubblico nelle settimane successive.
Le ragazze svestite che annunciano l'inizio dei combattimenti sono a puro beneficio
della televisione, non salgono nemmeno sul ring, ballano discinte all' ingresso dei lottatori
mentre un cameraman gli fa dei primi piani del culo, che muovono effettivamente in modo piuttosto danzante.
E d'altra parte, quello devono fare.
Al centro del quadrato sale solo il presentatore, con un vestito scuro di due taglie
piu' grande, e gli arbitri, di cui uno, giusto per mettere in chiaro che qui tutto
e' spettacolo, ha un braccio rivestito di un guanto leopardato.
Poi si comincia con gli incontri di contorno, il primo e' l'unico ad essere solo due contro due,
e si vede che serve soltanto a scaldare il pubblico in attesa degli eventi maggiori.
C'e' moltissimo machismo, gay ed etero, nella lucha messicana,
anche se non sempre vincono quelli che in apparenza sembrano i buoni.
Credo, suppongo, che facciano un po' a turno, mi immagino I lottatori che fino a pochi minuti prima fingevano di volersi uccidere, bere una birra dopo gli incontri tutti insieme e accordarsi con gli organizzatori per gli eventi delle settimane a venire.
Nell'incontro successivo, tre lottatori sono a faccia scoperta, perche' sono belli e mandano le ragazze in delirio quando si tolgono i pantaloni strappandoseli come fanno gli spogliarellisti.
Eppure alla fine i vincitori, per quanto tutto sia sempre appositamente molto confuso, non saranno Rouge, Angel de Oro e Fabian El Gitano (il piu' amato dal pubblico femminile)
ma Polvora, Euforia e Virus, mascherati di nero e vestiti di calzamaglie con decorazioni rosse e
gialle infuocate, a rappresentare teschi, fulmini o segnali di pericolo radioattivo.
Virus e' un indio tarchiato i cui muscoli, se li ha davvero, sono mascherati dalla pancia che sembra
un po' troppo appassionata di comida mexicana.
Eppure al 3 round (anche se non c'e' mai realmente una pausa tra un round e l'altro,
servono credo solo alla televisione per mostrare le ragazze con in mano un cartello numerato) risultano essere loro i vincitori, tra le urla del pubblico, sopratutto quello delle gradinate in alto coperte da una rete metallica, che gli grida di morire.
Si prosegue con un altro incontro che vede protagonisti 3 giapponesi,
che la gente prende in giro urlando in coro "Sushi!" e "Arigato'!".
Ma anche loro risulteranno vincitori e quello che credo dovrebbe essere Yujro, dopo che e' stato catapultato fuori dal ring, trova persino il tempo per mettersi in posa
e farsi fotografare in braccio ad una ragazza seduta in prima fila.
E finalmente arriva l 'evento clou della giornata, un tre contro tre con Mistico,
l'attuale eroe della lucha messicana, a fare da caposquadra.
Mistico, Volador e Blue Panther vs. Averno, Mephisto e Ephesto.
Mistico e' davvero un acrobata impressionante, riesce a fare anche tre giravolte
mentre e' attaccato con le gambe al collo di un avversario, e salta in capriola di schiena
sulle corde per poi rimbalzare sul ring e allargare le braccia per aizzare il pubblico che lo incita.
Ora tutto diventa davvero uno spettacolo quasi teatrale, con i tre lottatori di una squadra che si lanciano contemporaneamente fuori dal ring sopra agli avversari, travolgendo il pubblico delle prime file.
Si scambiano l'avversario usandolo quasi come una palla, mentre gli arbitri fingono di rimproverarli per gioco scorretto o per non aver mantenuto la posizione, o per essersi avventati due contro uno.
Il pubblico e' in delirio a questo punto, c'e' un momento di mezzo in cui Averno e compagni
sembrano avere la meglio ma nel finale Mistico e la sua squadra, con spettacolari salti, folli giravolte
e velocissime capriole di rimbalzo sulle corde, risulteranno vincitori, come e' naturale che sia.
Esco nella sera di Citta' del Messico e andando verso la fermata della Metro attraverso Piazza Garibaldi, affollata di mariachis che aspettano che qualcuno gli chieda di suonare canzoni allegre o melodie strascicate e tristi.
Non saro' io a farlo.
Ho ancora negli occhi l'assurda immagine di uomini mascherati che volano sulle teste degli spettatori,
tutte le domeniche pomeriggio e tutti I venerdi' sera di Citta' del Messico.
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1-4.12 Guanajuato
Fantastico posto Guanajuato, coi suoi giovani universitari, la sua allegria, le sue cantinas e I suoi mercati.
Col sole che batte sulle strade in salita, e il tramonto e l'alba che come in tutta questa parte del Messico
sembrano essere rosa.
Difficilissimo andarsene, e' la prima cosa che penso.
Il Museo de las Momias di Guanajuato e' una di quelle assurdita' che solo in messico, dove il culto dei morti assume caratteristiche e circostanze folli, puo' esistere.
Sono cadaveri di non piu' di 150 anni fa, che si sono mantenuti nei tombini essiccati e quasi intatti,
e che ora vengono esposti al pubblico in un incomprensibile sfilata di orrori in cui I messicani
portano in visita I loro bambini piccoli.
Sono mummie spesso vestite e ben conservate di uomini, donne, poppanti in abbigliamento da santo, in posizioni curiose e da film dell'orrore, con le bocche spalancate, le braccia per lo piu' incrociate, tranne la mummia di una donna che e' stata ritrovata in una posizione tale per cui si presume sia stata sepolta viva.
Da qualche anno sono esposte in delle teche di vetro, da quando, mi dice la guida, qualcuno stacco'
un pezzo con coltello ad una mummia, che allora erano allo scoperto, per accertarsi che non fosse fasulla.
A pensarci un momento, tutto e' una semplice follia.
A Guanajuato vado a disegnare in una cantina che e' probabilmente un postaccio di cui molti turisti
non vedono nemmeno la porta chiusa.
Ma e' straeconomico e sopratutto, nonostante l'entrata in vigore della legge antitabacco, si puo' fumare.
Nelle cantinas messicane da un po' di tempo e' permesso l'ingresso alle donne, anche se non e' che ce ne siano tante, ma e' ancora proibito l'ingresso a chiunque indossi una divisa.
Il rovescio della medaglia e' che io sono una strana novita' e quindi fatico a spiegare a messicani barcollanti che sono li' per scomparire e non per intavolare una conversazione.
Ma d'altra parte ad alcuni, se non li faccio sedere al mio tavolo, la terra gli
mancherebbe sotto i piedi e con certezza cadrebbero a faccia avanti nel pisciatoio, che e' di solito a cielo aperto a un lato del bancone.
Comunque sia, nonostante ogni volta che entro mi guardino un po' con stupore e
qualcuno faccia gli occhi duri, so che se non rompo i coglioni dopo
qualche minuto diventero' parte dell'arredamento.
Ma in alcune cantine del resto, come El Famoso Bar Encendio, ci sono anche giovani ,
e uno che mi guarda disegnare mi offre una birra per complimentarsi, un altro si batte il petto e dice che vorrebbe uno dei miei disegni tatuati sul braccio, in una dimostrazione di aprrezzamento in classico stile eccessivo messicano.
Al primo, in cambio di una birra do' il disegno che stavo facendo, e non la smette di dirmi grazie.
(P.S. per Mario: non gliel'ho regalato, l'ho scambiato con una birra, e' molto diverso. Vediamolo come una specie di "dessin a' boire" di Modigliani insomma)
Perche' il bello delle cantinas e' che hanno la porta, che a volte e' quella di un saloon, chiusa, non si vede cosa o chi c'e all'interno finche' non si entra.
Eppure c'e' ancora cosi' tanto Messico in quei locali anneriti dal fumo e fatti di legno,
di ubriachi, di gente che sa tutto di tutto, di jukebox dalla musica triste e di storia.
E' un mondo che si apre ogni volta, basta solo un po' di coraggio per spalancare la porta.
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4-8.12 San Miguel de Allende
Ammettendo che ci sia mai stata, la festa di matrimonio era certamente andata benissimo.
Colorata dalla musica messicana e resa ancora piu' tenera dalla luce morbida che
appena puo' scioglie ogni ciottolo delle strade di San Miguel.
Dicono fosse fatto di Nembutal, ma chissa'.
Di certo non aveva bevuto, visto che il suo stomaco l'alcol non lo sopportava.
Era il suo amico Jack che beveva fino a svenire per le strade d'America.
Quando i mariachis rimisero gli strumenti nelle custodie e le luci si spensero
sui tavoli all'aperto, aveva addosso solo una maglietta in una notte di vento.
Forse si potrebbe dire che a furia di andare, il suo corpo semplicemente cadde.
E non si rialzo' piu'.
Lo trovarono la mattina dopo vicino ai binari della ferrovia, in un coma da cui
non si sarebbe piu' risvegliato.
Il medico non indago' piu' di tanto, era una diagnosi facile e veloce:
l'ennesimo straniero morto di droga sulle strade del Messico.
Date le circostanze non era nemmeno obbligatoria l'autopsia per accertare le cause della morte.
Era il 4 febbraio 1968 e quell'uomo si chiamava Neal Cassady.
Ecco perche' sto a San Miguel.
Per un pellegrinaggio infantile nel luogo dove e' morto quello che piu' di ogni altro e' stato la Beat Generation.
Qualcuno per cui la scelta tra l'arte e la vita non e' mai stato un problema da prendere in considerazione, e il cui unico mestiere sembrava essere quello di insegnare agli altri ad amare la vita.
Il Dean Moriarty di Sulla Strada, senza il quale chissa', forse tutto quel viaggiare non sarebbe mai diventato letteratura.
Ora, come sapevo, San Miguel de Allende e' un posto molto diverso.
E' davvero pieno di pensionati americani bianchi che si lamentano dei mendicanti, e delle loro mogli che portano a spasso barboncini per le vie in salita dai marciapiedi piccoli
come I piedi di bambini messicani.
Ma e' rimasta la luce magnifica e i tetti pieni di piante che aspettano il sole.
E' anche il posto piu' caldo che ho incontrato finora, e come gia' Guanajuato, a parte le campane delle chiese che non smettono un attimo di suonare, e' un luogo da cui risulta alla fine difficile andarsene.
L' 8 dicembre, quando parto, dalle 6 alle 6 e 30 la chiesa vicina suona le campane a festa e spara cannonate a salve.
"Non mi ricordavo, pensavo fossimo in guerra", mi dice il taxista che mi porta al Terminal degli autobus,"ma d'altra parte in Messico siamo poveri, e fare festa col rumore non costa niente".
Eh.
8-13.12 Zacatecas
Arrivo a zacatecas dopo un viaggio in bus che mi fa vedere un magnifico paesaggio di deserto e di cactus, e al tramonto quando entriamo in citta' il sole sfuma tutti I colori e accende di luce rossastra la vallata che ospita la citta' vecchia.
Ecco un altro magnifico posto, mi dico, mentre faccio cenno al tassista di aspettare la fine della Marlboro.
Al Museo Zacatecano vado per vedere la mostra di foto e manufatti degli indios Huichol, gli unici a cui sia ancora consentito consumare il peyote
(a un loro famoso sciamano anni fa e' stato addirittura permesso sacrificare un toro
davanti alla Piramide del Sole, la terza piu' grande del mondo, a Teotiuhuacan, la strabiliante citta' precolombiana a due passi da Citta' del Messico)
I peyoteros intraprendono ogni anno un lungo viaggio alla ricerca del peyote,
che puo' durare anche mesi, in cui si fermano in luoghi sacri a officiare cerimonie,
a danzare, e a ringraziare gli dei (tra gli altri, adorano ancora Quetzalcoatl, il serpente piumato),
fino a Wirikuta, il luogo piu' sacro, che rappresenta anche la fine del cammino.
Portano con loro gli sciamani giovani, per insegnargli la via, e poi tornano ai loro villaggi carichi di peyote che consumeranno durante il resto dell'anno per comunicare con
gli spiriti del Mais, della Terra, dell'Acqua.
I loro bambini fin da piccolissimi sono liberi di fare chilometri nel deserto e di crescere in famiglie
allargate e per questo si dice crescano piu' in fretta e piu' forti dei nostri, e non stento a crederlo.
Il peyote, preso in piccole quantita' permette di stare svegli e ballare per giorni interi, in quantita' maggiori provoca allucinazioni e mette in contatto con le divinita'.
Spesso gli sciamani parlano di vipere parlanti che li circondano e li consigliano mentre danzano ininterrottamente attorno al fuoco.
Ora questa via sacra alla ricerca del peyote sta diventando sempre piu' difficile da percorrere, un anno dato che a Zacatecas era in costruzione una strada, gli Huichol sono stati costretti
a noleggiare un camion, perche' era impossibile atrraversare il traffico a piedi e coi muli
(e da allora credo usino camion per percorrere alcuni tratti della loro strada del peyote invasi dal progresso).
Sono artisti strabilianti, che fanno quadri di perline colorate che rappresentano le visioni del peyote, e sempre con le perline creano o ricoprono oggetti in maniera superba.
Una testa di puma ricoperta di perline occupera' un posto sulla mensola di casa mia, se riesco a portarla a casa intatta.
Ci sono le foto originali dei primi esploratori antropologi che andarono a vivere con loro per studiarne la cultura e cercare di salvaguardarla, ci sono I loro tessuti dai disegni infiniti, e' un museo magnifico, favoloso.
Nella vicina Real de Catorce, come mi dice una ragazza olandese in ostello,
e' possibile sia restare alcuni giorni con gli indios e assumere il peyote durante una cerimonia, che comprarlo per strada.
Ma lo considero ddecisamente troppo sacro per me in questo momento e non ci penso neppure.
"Alcuni stupidi turisti", mi dice" l'hanno comprato per strada, e ne hanno mangiato la parte sbagliata
oltretutto prima di fare un viaggio in autobus.Hanno avuto davvero un bad trip".
Appunto.
Zacatecas e' piena di musei, tra cui il Pedro Coronel, scultore e collezionista.
Prima di accedere alle sale espositive si attraversa la magnifica e gigantesca biblioteca di libri antichi, tra cui per sincronicita' vedo quasi subito i tre volumi di Mexico Desconocido di Carl Lumholtz, il primo credo degli antropologi che ando' a vivere tra gli Huicoles per studiarne cultura e tradizioni.
Accanto ci sono due enormi volumi di storia della prostituzione.
I libri non si possono toccare ovviamente ma mi piacerebbe vedere come su questo soggetto ci sia tanto da scrivere.
Sembra la biblioteca di Hogwarts, il castello sede della Scuola di Magia di Harry Potter.
Momentaneamente nel Museo manca Picasso e mancano I disegni di Goya ma ci sono splendide e folli cose di Piranesi e anche l'arte orientale ed africana hanno due bellissime sale, piene di oggetti magnifici, evidentemente scelti da un occhio ben allenato.
E' uno di quei posti in cui mi ripeto la domanda che mi faccio da secoli: perche' culture diverse hanno arti figurative cosi' diverse.
Ma quello che mi colpisce di piu' e' la favolosa collezione di disegni giapponesi,
assolutamente strabilianti, perfetti, una continua invenzione di colori e di segni.
Una di quelle visioni che se non fossi in vacanza rischierebbe di farmi smettere di disegnare per il resto della vita.
Una mattina di sole prendo il teleferico, che porta sul cerro de la Bufa, la collina che domina Zacatecas.
Ospita il Museo della Toma, con belle foto, armi e riproduzioni di giornali
dell'epoca relative alla battaglia di Zacatecas, una delle piu' importanti della Rivoluzione Messicana, che vide protagonista Pancho Villa, prima bandito e poi capo della famosa Division del Norte. Scendo ancora col teleferico per andare a visitare la Mina El Eden, una antica miniera
dalle vene ormai completamente esaurite, chiamata cosi' perche' ci si trovava di tutto, oro, argento, rame, quarzo.
Ma un paradiso non lo era certamente per I minatori.
E' impressionante sentire la guida parlare di come lavoravano gli indios, nudi per il caldo soffocante
e pagati ovviamente con salari da fame, risalendo con corde o scale di legno I vari livelli della miniera praticamente tutta scavata a mano, con martelli e picconi.
Le miniere moderne sono scavate in verticale perche' sia gli uomini che I minerali vengono portati
in superficie dagli ascensori, mentre questa era scavata a zig zag, perche' l'unico modo di scendere
o salire era arrampicarsi, con la cesta di pietre tenuta sulla schiena da una benda che faceva presa sulla fronte.
i bambini, prima di prendere il posto dei genitori che morivano in media verso I 45 anni,
lavoravano portando da bere ai minatori o toglievano l'acqua dai livelli piu' bassi della miniera,
che si allagavano dopo ogni pioggia (gli ultimi due livelli sono tutt'ora allagati).
Le donne invece non potevano entrare perche' si diceva che la miniera sarebbe
diventata gelosa e avrebbe smesso di dare I minerali che hanno reso ricchissimi I pochi proprietari.
Ora nella miniera c'e' anche una discoteca, famosa nel mondo per essere unica,
che e' un concentrato di tecnologia, tant'e' che prendono persino I cellulari.
Fernando e' ateo, cosa direi molto strana per un Messico in cui la gente si fa il segno della croce
anche solo se passa davanti a una chiesa, ama Milano e dice che I treni italiani sono straordinari
, perche' ti portano dappertutto.
Me lo dice immagino perche' in Messico sono soltanto due le strade ferrate, e per lui una rete ferroviaria
cosi' fitta come la nostra e' una sorpresa.
Resta infatti molto stupito quando gli dico quello che noi pensiamo dei treni italiani.
Lo conosco in una cantina e scambiamo quattro chiacchiere davanti a una manciata di birre.
E' lui il primo a parlarmi degli strani ritratti del Museo di Guadalupe, che sembra ti seguano
con lo sguardo mentre ti muovi.
Mi porta anche in fantastico ristorante vicino al museo Rafael Coronel (fratello di Pedro) dove assaggio per la prima volta il pozole, una zuppa di pollo (o maiale, a seconda se la salsa e' verde o rossa) e mais, da una ricetta precolombiana, che trovo magnifica.
Non hanno birre, quindi pasteggio con un ponche, una specie di vin brule' o di sangria calda, che stranamente mi sembra un accostamento perfetto.
Cosi' il giorno dopo prendo un autobus pubblico scassato e rombante, per andare nella vicina Guadalupe a vedere il Museo.
In effetti, oltre a fantastiche statue in legno di santi cattolici e di Madonne che mi lasciano senza parole per la perfezione del drappeggio scolpito (un po' una mia fissa, ok),
I due ritratti dei primi francescani che giunsero qui e costruirono il Convento del cui complesso fa parte il Museo, per una voluta prospettiva distorta dipinta da un pittore di genio, ti seguono con lo sguardo mentre cammini.
Mentre ti sposti hai sempre fissi addosso gli occhi di questi monaci, una cosa abbastanza impressionante, e sorrido quando penso che per questa scoperta fuori programma devo ringraziare un giovane ateo conosciuto in una cantina
Il mio ultimo giorno a Zacatecas faccio un salto al Museo Rafael Coronel, famoso oltre che per essere ospitato in un edificio meraviglioso che fu un convento, sopratutto per la sua immensa collezione di maschere. Ce ne sono migliaia, provenienti da tutto il Messico, di tutte le forme e fattura,
di tutte le feste cattoliche, pagane, antiche, moderne che questo paese ospita durante la Semana Santa o il Carnevale o in altre date particolari in cui spesso I culti antichi e il cattolicesimo si mischiano
e si nascondono a vicenda.
Maschere di animali, di diavoli, di guerrieri, di mori, di santi, di ragazzine, maschere di legno,
di metallo, di capelli, di creta, alcune gigantesche e astratte, altre precisamente antropomorfe, uno spettacolo.
E qua finisce il mio minitour delle citta' coloniali, la prossima breve tappa sara' Durango.
Allego qualche foto esplicativa e un paio di disegni impazziti di Messico come regalo di Natale anticipato.
Feliz Navidad a tutti, continuero' a bere birre e tequila alla vostra salute.
Bye
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